A poco più di undici anni dalla scomparsa di Franco Califano, la città di Roma ha deciso di rendergli omaggio intitolando al cantautore una piazza a Casale Nei, nel Municipio III.
Undici anni, dicevamo.
In realtà sembra passata un’era geologica se si pensa che oggi un artista come il Califfo verrebbe non solo censurato ma probabilmente lapidato sulla pubblica piazza.
Pensiamo alle reazioni che ci sarebbero state da parte dei perbenisti tartufisti e gli appassionati di schwa, asterischi e genere neutro dinanzi al monologo “Avventura con un travestito”.
Riportiamo, a beneficio dei meno esperti, qualche estratto:
Co’ ‘n bacio ‘n bocca j’ho mozzato er fiato
Solo ar ricordo, quanto ho vomitato
Ma quano je ‘nfilai ‘na mano sotto
Co’ la violenza che c’ha solo ‘n matto
Restai de ghiaccio
In mezzo a quelle cosce
La mano mia acchiappò du’ cose mosce
Mai viste così grosse in vita mia
Du’ palle come li mortacci sua
“Amo, scherzavo” dissi “via quer pacco”
Se no je dò du’ carci e te lo stacco
Me ritrovai sdraiato sul tappeto
Tutto abbracciato ancora a quer cornuto
Speriamo che ‘sta cosa nun se sappia
Tu e er travestito, pensa un po’ che coppia
Te venne ‘n mente pure er matrimonio
Sai che pranzetti? Palle ar pinzimonio!
Sì, caro Califfo, quelli del movimento LGBTQ+ (speriamo che nottetempo non sia stata aggiunta un’altra lettera), ti appenderebbero a testa in giù.
Come cantavi tu, “la musica è finita”. Certa musica, quantomeno.
di Alessio Di Carlo