La Corte europea dei diritti umani (Cedu) ha accolto il ricorso contro l’Italia avanzato dall’ex segretario dei Radicali italiani Mario Staderini e da alcuni cittadini secondo i quali le diverse modifiche apportate al sistema elettorale italiano hanno comportato la violazione dei diritti degli italiani nelle elezioni politiche del settembre 2022, quelle vinte dalla premier Giorgia Meloni. L’accoglimento del ricorso risale al febbraio scorso ma la notizia si è saputa solo ora. Il governo italiano, al quale è stata comunicata la decisione, ha ora tempo fino al 29 luglio per presentare la propria memoria difensiva. Ma fonti di Palazzo Chigi precisano che il ricorso «non è stato accolto, come erroneamente riportato da alcuni organi di stampa, ma soltanto dichiarato ammissibile». Le udienze sul merito del ricorso saranno calendarizzate nei prossimi mesi e, pertanto, il governo italiano «sta elaborando una memoria difensiva, come previsto dalla normativa italiana e dalle Convenzioni internazionali in materia».
Le argometazioni proposte
Il ricorso, depositato alla fine di gennaio del 2023 e accolto a febbraio di quest’anno, riguarda l’instabilità della legge elettorale italiana e la compatibilità» del cosiddetto Rosatellum «con il diritto dei ricorrenti a libere elezioni, garantito dall’articolo 3 del protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti umani». Nel ricorso Staderini e i cittadini italiani sostengono infatti che prima delle elezioni politiche del settembre 2022 il sistema elettorale è stato modificato tre volte: con la legge costituzionale numero 1 del 19 ottobre del 2019 che ha ridotto il numero dei parlamentari, con la legge 177 del 23 dicembre 2020 sulla redistribuzione elettorale e con la legge numero 84 del 20 giugno 2022 che ha esentato alcuni partiti all’obbligo di raccolta delle firme autenticate per la presentazione delle liste a livello nazionale. Quanto alle modalità di voto, dicono ancora i ricorrenti, un articolo del Rosatellum (il comma 19, lettera C, e il comma 21, lettera A, dell’articolo 1) contrasta con il principio della libertà di voto: in sostanza la legge non consente di esprimere il voto separato, va«le a dire dare al proporzionale una preferenza per una lista o coalizione diversa da quella indicata nel maggioritario. Ed inoltre, nel caso in cui il cittadino voti solo per il candidato nel maggioritario, il suo voto viene assegnato automaticamente alla lista o alla coalizione nel sistema proporzionale.
Tre domande al governo italiano
Alla luce di ciò, la Cedu ha formulato tre domande al governo italiano, per comprendere se è stato violato il diritto a libere elezioni. La prima si concentra sulle modifiche apportate nel 2019, 2020 e 2022, «queste ultime introdotte solo tre mesi prima delle legislative» osserva la Cedu, che vuole sapere se «i cambiamenti al sistema elettorale hanno minato il rispetto e la fiducia dei ricorrenti nell’esistenza di garanzie di libere elezioni». In seconda battuta la Corte di Strasburgo chiede se «la legge n. 165 del 2017, impedendo agli elettori di votare nel sistema proporzionale per una lista o coalizione diversa da quella scelta nel sistema maggioritario e attribuendo automaticamente il voto espresso nel sistema maggioritario alla lista o coalizione corrispondente nel sistema proporzionale, ha violato il diritto dei ricorrenti di esprimersi liberamente sulla scelta del corpo legislativo in libere elezioni». Ed infine, i giudici della Cedu, vogliono sapere se i cittadini hanno la possibilità di introdurre un ricorso «effettivo» davanti alle istanze nazionali – come prevede l’articolo 13 della convenzione europea dei diritti umani – se ritengono violati il loro diritto a libere elezioni.
Nicola Barone per Il Sole 24 Ore