di Federico Tedeschini
Dopo l’approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri, del Disegno di legge che sembra seguire – almeno in gran parte – le linee portanti della riforma più volte annunziata da Nordio in materia di giustizia, ci è toccato assistere ad uno spettacolo che sembra uscito dalla penna di Eugène Jonesco, noto creatore di quel “teatro dell’assurdo” che inondò il nostro secondo dopoguerra con tutta una serie di commedie caratterizzate dall’ abbondare di comportamenti non comunicanti fra di loro, ma tutti insieme uniti del comune denominatore di essere privi di senso comune.
E veniamo all’oggi, dove la diatriba fra forze politiche, magistrati e giornalisti si è equamente distribuita fra due posizioni opposte e non conciliabili: secondo la prima in queste posizioni – attribuibile all’Associazione Nazionale Magistrati – la riforma avrebbe un intento punitivo verso i giudici, rei di costantemente insidiare, con le loro inchieste, la libertà della politica e dei colletti bianchi visti come un pericoloso insieme. Di questo intento, sarebbero manifestazioni evidenti sia la divisione delle carriere tra inquirenti e giudicanti, che la sottrazione della potestà disciplinare al Consiglio Superiore della Magistratura per affidarla – in nome della terzietà – ad un Giudice speciale sulla cui composizione ogni interlocutore ha fatto buona mostra di propugnare opzioni diverse da quelle appoggiate dargli altri.
Secondo il Governo e la maggioranza parlamentare che lo sostiene, invece, questa riforma non sarebbe ispirata da alcun intento punitivo, ma semplicemente dalla necessità di razionalizzare il modello accusatorio adottato – per i processi penali – nel lontano 1989, adeguandolo finalmente agli schemi adottati dalla maggioranza degli altri Paesi europei ed extraeuropei che a quel modello si ispirano.
Il Ministro, in particolare, ha chiarito in un’intervista come questa riforma eviterà il ripetersi di episodi gravi come quelli scaturiti dalla emissione di provvedimenti restrittivi senza controllare la correttezza delle trascrizioni allegate dal pubblico ministero, o – peggio ancora – quelle dei fascicoli virtuali o dei fascicoli clonati, appositamente creati dagli inquirenti per eludere la legge.
Potrebbe a questo punto sembrare difficile cogliere l’iniziale richiamo al teatro di Jonesco, perché potrebbe semplicemente sembrare di essere in presenza di un episodio della normale dialettica fra Maggioranza e Opposizione: episodio comunque significativo, perché venutosi a porre nei confronti della proposta di un atto normativo primario talmente importante da avere addirittura riflessi sulle norme costituzionali che disciplinano – fin dal 1948 – la configurazione del potere giudiziario rispetto agli altri due poteri dello Stato: quello legislativo e quello di governo.
Vorrei dire però che – mai come in questo caso – le apparenze ingannano, visto che è sorta una polemica al calor bianco fra Maggioranza, Opposizione e Magistratura senza che neanche fosse disponibile il testo del Disegno di legge che tanto scandalo ha suscitato fra le parti in commedia. Nel criticare, o nel sostenere, quello che è stato scritto, si è potuta anche avvertire scarsa attenzione verso ciò che è mancato, anche se magari verrà introdotto lungo il percorso dell’approvazione parlamentare: mi riferisco al superamento dell’obbligatorietà dell’azione penale, che tutti gli addetti ai lavori sanno essere ormai ridotta ad un feticcio, ma alla quale i magistrati inquirenti dimostrano di essere particolarmente attaccati, perché è proprio lì che si esprime in modo più vistoso l’ampiezza smisurata del loro potere discrezionale.
È bene però che io mi fermi qui, attendendo – come gli altri – di poter leggere finalmente il testo del disegno di legge che, almeno finora, nessuno ha potuto leggere effettivamente. Questo vuole anche dire che è stata aperta una polemica sul nulla, visto che tutti i litiganti dovrebbero ben sapere che basterà una virgola di troppo per cambiare il senso di quella riforma: esattamente come avveniva per gli oracoli della Sibilla cumana. Chissà se un redivivo Jonesco saprebbe trovarvi materiale per una nuova commedia, in cui i tre ipotetici protagonisti si accapiglino per il puro piacere di attirare, ciascuno, le maggiori simpatie del pubblico plaudente? Ogni richiamo alla prossima consultazione elettorale europea è, come ovvio, puramente casuale.
La Discussione, 5 giugno 2024