di Alessio Di Carlo.
Tra le tante letture che si possono dare dei dati usciti dalle urne per le europee in Italia, una riguarda sicuramente il flop dell’area di centro, del cosiddetto terzo polo.
Intendiamoci: una buona parte del risultato negativo ottenuto da Renzi, Bonino, Calenda & co. va ascritto alla componente di litigiosità che caratterizza i rapporti, personali, prima che politici, tra i leader.
Ma probabilmente c’è di più: se i risultati sono stati questi, la verità è che in Italia il bipolarismo, piaccia o no, è un dato assodato.
E allora, lo spazio per queste forze, che non si riconoscono organicamente in nessuno dei due poli principali, non può che essere quello di lavorare per trovare una collocazione dentro una delle due coalizioni principali.
Ma sarebbe un grosso errore pensare che un esercizio del genere coinvolga esclusivamente in diretti interessati.
Tanto il centrodestra, quanto il centrosinistra, dovranno farsi trovare pronti per una eventuale interlocuzione con i cosiddetti moderati.
E se dalle parti della maggioranza non c’è motivo di prevedere grandi resistenze, lo stesso non può dirsi per il polo a traino Pd.
Fino ad ora, a Conte è stato sciaguratamente consegnato un potere di veto che oggi, con il M5S sceso sotto la soglia del 10%, non ha più alcun motivo d’essere.
Se Schlein vuole davvero tentare di costruire una alternativa credibile, coesa e duratura, si scrolli di dosso il peso dei pentastellati e si sottragga al loro giogo.
Inauguri un campo che sia innanzitutto politicamente fertile, tentando di aggregare le forze moderate e riformiste. Magari non accadrà immediatamente ma, gradualmente, quel capo si allargherà.
Diversamente, di un risultato di tutto rispetto come quello fatto registrare ieri, non avrà di che farsene.